Ciclismo: Rebellin rischia l'Argento olimpico

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    Ancora ciclismo e doping: Rebellin fra i sei beccati Falso argento a Pechino

    Mai secondo posto era sembrato una vittoria. Da ieri sera, però, l’argento di Pechino di Davide Rebellin è il simbolo della sconfitta più amara e triste. Ora che tutti noi stavamo rivalutando l’anziano campione veneto. Ora che per tutti noi l’eterno secondo era semplicemente diventato l’eterno, ecco arrivare dai laboratori di Chatenay Malabry - gli stessi che sbugiardarono Riccò prima e Sella poi - la conferma della positività.


    I nuovi test costano cari a sei atleti che hanno preso parte agli ultimi Giochi. Tra questi c'è purtroppo l’ennesimo ciclista, in questo momento forse il più rappresentativo del nostro ciclismo nel mondo: Davide Rebellin. Un brutto colpo per lo sport italiano e il ciclismo in particolare: Rebellin, 38 anni, è stato infatti nell'ultima settimana il protagonista assoluto, con la vittoria alla Freccia Vallone ed il terzo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi.


    Il Comitato olimpico internazionale (Cio), che aveva annunciato lo scorso 8 ottobre di voler riesaminare i 948 test sul sangue con sistemi più sofisticati (la Wada il 9 dicembre disse che entro la fine di marzo avrebbe dato i primi responsi, ndr), ha infatti annunciato sette positività al doping nei nuovi test effettuati sui campioni delle Olimpiadi di Pechino. I test sono stati effettuati sul sangue prelevato e congelato durante le gare olimpiche (948 esami, di cui 847 per cercare la Cera, 101 per ricercare l’insulina). I reperti sono stati sottoposti a esami più avanzati in grado di rilevare il cosiddetto «doping di seconda generazione», anche se nell’ambiente delle corse c’è chi sostiene che si sia già arrivati alla settima generazione.
    Dai nuovi controlli è emerso che il contenuto di sette provette, relative a sei atleti, è risultato positivo ai Cera (Attivatori continui dei recettori dell'eritropoiesi), la cosiddetta nuova Epo. Il Cio non ha diramato i nomi degli atleti coinvolti: nell’elenco ci sarebbero però un altro ciclista, tre partecipanti alle gare di atletica leggera - tra cui una medaglia d’oro, si sospetta di un keniano (ori negli 800 e nella maratona) - e un sollevatore di pesi. È bene ricordare che durante i Giochi era emersa la positività di nove atleti e sei cavalli e in precedenza, ben 40 atleti non avevano potuto partire per Pechino in quanto pescati dai vari controlli.


    Se gli altri Comitati Olimpici nazionali tacciono, il Coni non ha problemi a rendere immediatamente nota la triste novella. L’ennesima tegola su uno sport già dilaniato dal doping. L’ennesima pagina triste di uno sport che non riesce più a scriverne di epiche. «Non ci posso credere, non so che dire e pensare», dice sgomento Davide Rebellin, rintracciato al telefono. Assolutamente sconvolta anche la moglie, Selina. «Positivo? Ma è una cosa incredibile». Incredibile. Esattamente così, incredibile dopo quello che Davide ha fatto vedere e detto in questi anni: dopo le ore di bicicletta, la passione, l’impegno, la voglia di fare, i segni della croce, l’acqua santa, la sua Fondazione, tutto il bello possibile che oggi viene sporcato da questa positività. Incredibile come ricorda il Coni dopo il giuramento che tutti gli atleti, i tecnici, i medici e quanti facevano parte della Missione Italiana a Pechino 2008 hanno firmato col quale si impegnavano a rifiutare e a non sottoporsi a qualsiasi pratica illecita in violazione del regolamento Antidoping della Wada. Incredibile, ma tutto vero. E noi che avevamo applaudito un argento che valeva oro, restiamo di bronzo.

     
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